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Erigeron karvinskianus

Lo sviluppo rapido, la mutabilità del colore dei fiori che da bianchi assumono sfumature rosa man mano che maturano, la resistenza e l'abbondante fioritura sono caratteristiche che rendono unica questa pianta. Originaria del Messico è ormai diffusa naturalizzata in molte regioni d'Italia. E' una tappezzante che si allarga molto velocemente e può essere utilizzata anche in vaso come ricadente o in muretti a secco negli spazi tra le pietre. Pianta facile, rustica e resistente dà il meglio di sè se riceve regolari irrigazioni, ma tollera periodi di siccità una volta ambientata.

L'epiteto generico è composto dalle parole greche ῆρ (ér qui nel senso di precoce) e γέρων (ghéron vecchio), probabilmente per l'aspetto dei capolini piumosi di semi, che ricordano la testa di un anziano e che si schiudono presto dall'inizio della fioritura in primavera fino ad autunno inoltrato.

L'epiteto specifico è stato assegnato in onore del naturalista, geologo e paleontologo tedesco (nato in Ungheria) Wilhelm Friedrich von Karwinski auf Karwin (1780-1855), esploratore della flora dell'America tropicale (Brasile, Messico).

6,00 €

Salvia nemorosa 'Caradonna'

Una delle varietà più affidabili! Infiorescenze blu viola su steli scuri compaiono per la prima fioritura da Maggio a fine Luglio e in condizioni ottimali, specialmente se si ha l'accortezza di rimuovere le spighe sfiorite e di irrigare regolarmente, ricompaiono alla fine dell'estate. Coltivare in pieno sole, in terreno fertile. Una volta ben radicata sopporta periodi con irrigazioni ridotte, anche se per ottenere una buona rifiorenza l'acqua è fondamentale.

L'epiteto generico deriva dal latino e si trova già in Plinio, usato per la Salvia officinalis, dal verbo salvare (guarire).

L'epiteto specifico da nemus, nemoris (bosco), 'che cresce nei boschi'.

9,00 €

Allium 'In Orbit'

Compatto, super fiorifero, affidabile e resistente: questo Allium rientra tra quelli a fioritura estiva ed ha portamento ordinato e compatto, ma sviluppo rapido e forte. La particolare morfologia che lo caratterizza (radici al posto del bulbo tipico di altri Allium) rende facile la coltivazione sia in terra che in vaso. Le infiorescenze sono globose e si schiudono da Giugno fino a Settembre, portate da steli dritti e ordinati. Si coltiva in pieno sole, in terreno normale, possibilmente drenato, ma si rivela forte e capace di sopportare diverse condizioni, tra cui anche terreni argillosi e non molto leggeri. Resiste a cervi, arvicole e lepri. Sopporta periodi di irrigazioni ridotte, ma, come per Allium tuberosum, anche per questa cultivar le irrigazioni regolari favoriscono una fioritura e uno sviluppo ideali.

L'epiteto generico corrisponde al nome latino usato per indicare una pianta appartenente a questo genere. Si trova in Orazio, Plinio e Plauto. L'etimologia è dubbia: Alexandre de Théis nel suo Glossario di Botanica la fa risalire al termine al termine celtico all, che significa caldo, acre, in riferimento al gusto dell'aglio. Il Dizionario Etimologio della lingua italiana del Pianigiani indica anche come possibile origine il termine greco ἄγλῑς (áglis capo d'aglio).

9,00 €

Geum 'Totally Tangerine'

Varietà di recente introduzione con fiori arancioni sterili. Non dovendo portare a maturazione dei semi la pianta riesce a produrre una quantità maggiore di fiori, formando un cespuglio molto appariscente con alti steli che si autosostengono. Rustica, molto resistente, da coltivare al sole o mezzombra, in terreno fertile e ben drenato. Si può coltivare in piena terra o in vaso. In luoghi con clima fresco riesce a fiorire per tutta l'estate, fino all'autunno.

L'epiteto generico deriva dal greco γεῦμα (gheúma assaggio, gusto, buon sapore). Plinio (XXVI, 7) dice che il geum ha delle radici di odore e sapore gradevoli e che può curare i disturbi della digestione. Questo gusto aromatico nella botanica antica gli aveva fatto attribuire il nome di caryophyllata, cioè 'erba dall'odore di chiodo di garofano'.

9,00 €

Nepeta x faassenii...

Affidabile, vigorosa e resistente, ha foglie argentate e fiori azzurro-lavanda che si schiudono per tutta l'estate. Beneficia di tagli regolari per rimuovere gli steli sfioriti e favorire la produzione di nuovi fiori. Il taglio aiuta anche a mantenere la forma e contenere l'espansione.Un taglio più vigoroso in Luglio favorisce la fioritura autunnale. Adatta per posizioni in pieno sole in terreno drenato. Ha foglie aromatiche, canforate, considerate uno stimolate. Il botanico francese Joseph Pitton de Tournefort ne riporta la capacità di rendere intrepide le persone timide.

Ha origine come ibrido spontaneo tra Nepeta racemosa e Nepeta nepetella nella parte inferiore dei giardini di Fernhill, di proprietà della famiglia Walker. La scrittrice Patricia A. Taylor la vide e ne intuì il potenziale. Ne fece talee negli anni '70 e nel 1988 venne lanciata sul mercato grazie al vivaio Four Season Nursery. 

L'epiteto specifico 'faassenii' deriva dal nome del vivaista tedesco J.H. Faassen, che negli anni '30 lanciò sul mercato i primi ibridi di Nepeta racemosa x Nepeta nepetella.

L'epiteto generico si trova già in Plinio e fa probabilmente riferimento a quello che l'autore ne considerava il luogo di origine, Nepi, in Etruria.

9,00 €

Anemone x hybrida 'Honorine...

Perenne rustica, resistente e molto vigorosa con fiori bianchi, semplici, portati da alti steli. Ha radici rizomatose e tende ad allargarsi velocemente formando grandi cespugli. Coltivare a mezzombra in terreno drenato, fertile, irrigato regolarmente. La condizione ideale di coltivazione è con un'esposizione di 3 o 4 ore di sole al giorno perché in posizioni troppo ombreggiate le Anemone tendono a perdere struttura, a piegarsi e a fiorire meno. Si raccomanda di irrigare dal basso, senza bagnare fiori e foglie per evitare malattie fungine. E' una delle varietà più vecchie e interessanti, scoperta a Verdun in Francia nel 1858. Ha ricevuto il Garden Merit Award della RHS nel 1993 ed è stata scelta come Perennial of the Year nel 2016 dalla Perennial Plant Association.

L'epiteto generico deriva dal greco ἄνεμος (ànemos, vento) da cui il termine greco ἀνεμώνη (accentato anemòne, diversamente dall'accentazione latina anemone). I testi riportano diverse ipotesi per l'origine del nome. Viene battezzato Anemone da Teofrasto, filosofo e botanico greco, in riferimento alle fragili corolle, che si rompono nel vento. Ovidio nelle Metamorfosi (X, vv.734-739) ricorda l'origine legata al mito: Adone, abile cacciatore, viene ferito da un cinghiale durante una battuta di caccia. Venere, che ne era innamorata, lo vede morente e decide di rendere eterno il suo ricordo, trasformando in fiori il sangue dell'amato che cade a terra.

'' ...Nemmeno un'ora era passata: dal sangue spuntò un fiore del suo stesso colore;

un fiore, come quello del melograno, i cui frutti celano

sotto la buccia sottile i suoi semi. Ma è fiore di vita breve:

fissato male al suolo e fragile per troppa leggerezza,

deve il suo nome al vento, e proprio il vento ne disperde i petali.''

Le Anemone vennero introdotte dall' Oriente in Europa dal botanico Robert Fortune nel 1844.Le Anemone x hybrida sono tutte il risultato di ibridazione tra A. japonica e A. vitifolium.

Vedi le altre Anemone della nostra collezione

12,00 €

Euphorbia amygdaloides...

Sempreverde con foglie oblunghe verde scuro, lucide e steli verde chiaro che portano piccoli fiori giallo lime. La posizione ideale è in terreno mediamente drenato, in ombra o sole. Si adatta infatti a diverse condizioni di coltivazione, anche se tollera poco i ristagni di acqua. Una pianta che richiede pochissime attenzioni e non delude mai le aspettative. Si sviluppa rapidamente tramite rizomi sotterranei e forma bellissimi cespugli alti circa 40 cm da cui in primavera spuntano gli steli floreali, molto adatti anche per il reciso, alti fino a 70 cm. Dopo la fioritura gli steli e le brattee sono comunque particolarmente decorativi e persistono fino alla stagione successiva, momento in cui è necessario tagliarli per lasciare spazio alla nuova fioritura.

L'epiteto generico deriva da Εὔφορβος (èuforbos) Eufòrbo, medico greco, che secondo Plinio scoprì le proprietà medicinali di questa pianta. Il nome Eufòrbo deriva dal greco "ἐῧ éu" bene e "φέρβω férbo" nutrire: ben nutrito.

L'epiteto specifico è composto dai termini dal greco ἀμυγδάλη (amiugdále mandorla) e εἷδος (èidos sembianza) per la somiglianza delle foglie di questa Euphorbia con quelle di Prunus dulcis (mandorlo).

Questa sotto-specie di Euphorbia amygdaloides venne raccolta e catalogata da Mary Anne Robb (botanica inglese, 1829-1912) nel 1891 vicino İstanbul e introdotta in Inghilterra. Da quel momento non è stata identificata in nessuna altra località allo stato spontaneo.

Online il nome di questa pianta si trova scritto in modi diversi e la stessa RHS riporta una nomenclatura scorretta. Kew Gardens e www. plantsoftheworldonline.org (uniche fonti autorevoli nella nomenclatura botanica) riportano la nomenclatura adottata dal nostro vivaio e lo fanno con riferimento a chi ha l'ha battezzata, Clive A. Stace (abbreviato Stace) con il nome di M.A. Robb, nella forma latinizzata robbiae (ròbbie, cioè 'di Robb') 

8,00 €

Andropogon scoparius...

Il genere Andropogon(o Schizachyrium) è originario delle praterie americane ed è apprezzato nei giardini per la resistenza al caldo e al freddo e per le ridotte esigenze di manutenzione. Si adatta a diversi dipi di terreno, ma un buon drenaggio permette uno sviluppo ottimale. Sopporta periodi asciutti e terreni poveri. Le foglie sono verdi, glauche alla base e durante l'autunno si tingono con i toni dell'arancio e del rosso.

Schizachyrium scoparium 'Prairie Blues' è una selezione della specie spontanea con una sfumatura azzurra  ancora più accentuata durante la primavera e l'estate alla base delle foglie, che in autunno si tingono di rosso. La fioritura in Agosto, con lunghi racemi color bronzo soffusi di viola, è seguita dalla formazione del seme, che decora le spighe con ciuffi piumosi leggerissimi.

La leggerezza di questa graminacea, la facilità di coltivazione e il contrasto cromatico che crea nel periodo autunnale e invernale la rendono una tra le più belle da utilizzare in giardino con la garanzia di risultati ottimali.

L'epiteto generico è formato dalle parole greche ἀνήρ ἀνδρός (anér andrόs uomo) e πώγων (pόgon barba) in riferimento alla peluria che ricopre alcune parti della spiga.

L'epiteto specifico deriva dal latino scopa (scopa, granata) col significato di 'simile a una scopa', per il portamento della pianta.

Vedi le altre graminacee della nostra collezione

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Accentazione e pronuncia dei nomi botanici.

- Categoria: Curiosità

L'accentazione e la pronuncia dei nomi scientifici delle piante e nel nostro caso delle erbacee perenni sono uno dei motivi più frequenti di animate discussioni fra gli appassionati di botanica.

Esistono diverse scuole di pensiero sia su dove debba cadere l'accento tonico, sia su come debbano essere pronunciati epiteto generico, epiteto specifico, nome della cultivar e dobbiamo dire come premessa che la maggior parte delle discussioni non prende in considerazione un fattore fondamentale: non esiste un modo certo e univoco di pronunciare i nomi botanici.

Sembrerà strano, ma le ragioni sono semplici, cerchiamo di capire perchè!

I nomi scientifici delle piante nascono in diversi modi, questi sono alcuni esempi:

  • direttamente dai testi di botanica di autori classici che scrivevano in greco o latino. In questo caso l'accentazione e la pronuncia sono facilmente riconducibili alla pronuncia della lingua di origine. E' il caso di Verbascum, derivato dal termine latino barbáscum (tasso barbasso, pianta citata da Plinio, probabilmente da barba, per le foglie pelose) o di Thymus dal greco θύμον (thiùmon timo).

  • Dal nome di una persona, in ricordo del suo ruolo nella ricerca e nello studio della botanica. (pensiamo a Gaura lindheimeri, dal nome del botanico tedesco Ferdinand Jacob Lindheimer (1801-1879), un esule politico tedesco che raccolse campioni botanici in America. In questo caso l'accentazione segue le regole latine, ma la pronuncia? C'è chi sostiene che vada rispettata quella della lingua di origine e chi pronuncia il nome alla latina. Vedremo più avanti quale metodo preferiamo utilizzare noi de I Giardini dell'Indaco!

  • Dal nome di un luogo (ad esempio Verbena bonariensis, da Buenos Aires; Amsonia tabaernemontana dedicato a Jakobi Theodori Müller, medico e autore di un'importante opera botanica. Il nome deriva dal suo luogo di nascita, Bergzabern in Germania (Bergs tabern, taverna di montagna, da cui Tabaernemontanus ; Geum chiloense, da chilensis, del Cile...). L'accentazione e la pronuncia di questi termini seguono quelle del latino e sono quindi di facile lettura, una volta apprese alcune semplici regole (di cui parleremo, cercando di essere chiari e diretti!).

  • I nomi scientifici possono essere anche neologismi che imitano le lingue classiche, ideati e assegnati solitamente da botanici, ibridatori, appassionati che identificano nuove piante in natura o le 'creano' tramite ibridazione e le battezzano. (Ad esempio Symphyotrichum, il nome corretto, ma poco utilizzato, di molti Aster, dal greco σύμφῠσις siùmfiusis, unione e da ϑρίξ, τριχóϛ thríx, trichόs capello, pelo, probabilmente riferito a una cultivar europea con peli uniti alla base, battezzato da Christian Gottfried Daniel Nees von Esenbeck, botanico tedesco della prima metà dell' 800).

  • I nomi delle cultivar sono molto spesso in inglese, francese, tedesco, lingue madri della maggior parte dei ricercatori e ibridatori di piante degli anni passati. Negli ultimi tempi stanno però facendo la loro comparsa sul mercato ibridi di altre origini, con nomi ad esempio giapponesi. La pronuncia di questi nomi dovrebbe secondo noi essere il più fedele possibile a quella della lingua di appartenenza, ovviamente nella misura in cui riusciamo ad averne conoscenza.

Già a questo punto si può capire perchè sia così difficile trovare una risposta semplice e univoca alla domanda 'come si legge?'. Per questo crediamo che il modo migliore di procedere sia adottare un metodo che sia il più possibile scientifico e giustificare le proprie scelte. Noi de I Giardini dell'Indaco abbiamo scelto di farlo risalendo dove possibile all'etimologia dei nomi, studiando l'origine del nome scientifico e riportando in ogni scheda le parole o le radici che compongono i nomi. Crediamo infatti che per l'appassionato di botanica sia affascinante conoscere il significato dei nomi e avere consapevolezza della loro storia, perchè spesso capire il nome di una pianta a noi sconosciuta è il primo passo per comprenderne l'origine e le potenzialità.

Il nostro obiettivo come appassionati di piante e di linguistica è fornire gli strumenti a chi ci segue per capire le nostre scelte e magari per formarsi una propria idea, perchè siamo convinti che le parole siano importanti quanto ciò che rappresentano e che la loro pronuncia debba essere curata, consapevole, rispettosa del loro significato.

Nella ricerca di questo tipo di informazioni un testo molto importante è stato per noi Botanical Latin di William T. Stearn. Pubblicato per la prima volta nel 1966 è ormai considerato uno dei testi più importanti per la comprensione del latino botanico; viene stampato solo in lingua inglese e la lettura non è delle più leggere, ma vale la pena averlo come strumento a cui attingere nel caso di dubbi e incertezze.

Altri testi che teniamo sempre a portata di mano sono il Dizionario della lingua latina Bianchi-Lelli e il GI, vocabolario della lingua greca di Franco Montanari, entrambi molto utili per avere conferme sull'origine classica di molti nomi.

Il padre della nomenclatura binomiale è stato Carl von Linné latinizzato in Carolus Linnaeus (1707 – 1778), medico, botanico, naturalista e accademico svedese. Nei suoi testi Systema Naturae e Genera Plantarum espose dettagliatamente i criteri per classificare e dare un nome alle piante. Queste norme vennero poi messe a punto e rese ufficiali nel 1905, durante il secondo Congresso Internazionale di Botanica, tenutosi a Vienna, durante il quale vennero redatte le 'Regole Internazionali della Nomenclatura Botanica', fondamentali per chiunque voglia assegnare un nome ad una pianta.

Nel 1993, in occasione del XV Congresso tenutosi a Yokohama, fu adottato il 12° 'Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica”, sostituito dal St. Louis Code,adottato durante il XVI Congresso Internazionale di Botanica nel 1999 e tuttora in uso.

Questa lunga e forse noiosa premessa per rimarcare l'importanza dei termini nella nomenclatura botanica e sottolineare l'origine di questo metodo, frutto di un periodo storico in cui il latino era la lingua ufficiale della letteratura scientifica e del lavoro di uno studioso che, secondo l'abitudine del tempo, modificò il suo nome, latinizzandolo.

Crediamo quindi sia filologicamente corretto ricondurre l'accentazione e la pronuncia degli epiteti generici e specifici (il primo e il secondo elemente di un nome botanico) al latino fin dove possibile e in casi limitati al greco.

Proviamo ad affrontare quindi i due temi fondamentali: accentazione e pronuncia.

ACCENTAZIONE

L'accentazione latina si basa su 3 leggi fondamentali

  • Legge del trisillabismo: in latino l'accento non cade mai oltre la terzultima sillaba.

  • Legge della baritonesi: in latino l'accento non cade mai sull'ultima sillaba (le eccezioni sono i monosillabi e parole con ultima sillaba che presenta elisione, entrambi casi che non si incontrano in botanica, ma che riportiamo per correttezza)

  • Legge della penultima: l'accento in latino cade sulla penultima sillaba se questa contiene una vocale lunga; cade invece sulla terzultima sillaba se la penultima sillaba contiene una vocale breve.

Se siete arrivati fin qui rientrate in una delle due categorie seguenti: o ne sapete già qualcosa e stiamo rispolverando i ricordi delle scuole superiori oppure avete una grande pazienza, vi fidate di noi e volete vedere dove andiamo a parare ( in tal caso vi ringraziamo per l'affetto e la fiducia!).

Sembra più complesso di quanto poi sia in realtà!

Nell'antica Roma si parlava latino, ma non come noi oggi parliamo Italiano: le frasi avevano una musicalità, un ritmo, e le parole facevano parte di questo ritmo. In ogni parola c'erano quindi vocali che venivano pronunciate più a lungo(vocali lunghe, indicate sul dizionario latino con un tratto orizzontale sopra alla lettera) e vocali che venivano pronunciate per un tempo più breve (vocali brevi, identificate da un tratto curvo sopra alla lettera) e questo conferiva musicalità alle frasi. Inoltre la lunghezza o brevità delle vocali identificava parole scritte in modo uguale, ma con significato diverso. Ovviamente si ritiene che il nostro orecchio non sarebbe in grado di percepire queste sottili differenze, ma gli studi della lingua hanno permesso di identificare vocali lunghe e brevi attraverso l'analisi della poesia in lingua latina e della metrica e ci sono regole per definire la lunghezza delle vocali in base alla posizione nella parola e al tipo di lettere che ha vicino (ma andiamo oltre, vediamo già i primi sbadigli!).

Nell'accentazione di una parola di origine latina quindi possiamo affidarci alla lunghezza (o brevità) delle vocali e definire dove far cadere l'accento.

Il problema sorge quando si vuole capire come accentare l'epiteto generico di una pianta che ha origine dal nome di un botanico 'moderno' (o almeno successivo alla caduta dell'Impero Romano e all'entrata in disuso della lingua latina come lingua universale), nome che ovviamente non si può trovare in un dizionario di latino. L' Heuchera (dal nome del botanico tedesco del '700 Johann Heinrich von Heucher) apre una discussione che, come dicevamo, può durare all'infinito:

  • possiamo accentare e pronunciare nel rispetto dell'origine del nome e quindi leggere in tedesco òichera, dato che il nome del botanico suonerebbe von òicher.

  • Possiamo ricondurre la pronuncia al latino e pronunciare èuchera o euchèra. Ma per l'accentazione non possiamo avere certezze: dovremmo sapere se la lettera e della penultima sillaba è breve o lunga e questo è impossibile saperlo perchè in latino questa parola non esiste, nè tantomeno parole simili. La cosa migliore da fare è accentare nel modo più eufonico, più piacevole per il nostro orecchio, possibile e valutare anche l'accentazione del nome di origine (dato che il latino non ci fornisce strumenti in questo caso).Dato che il nome del botanico suonerebbe von òicher scegliamo di pronunciare èuchera.

Alcuni sostengono che si dovrebbe pronunciare il nome nel modo più fedele possibile alla lingua di appartenenza del personaggio a cui è dedicata la pianta. Ma questo metodo di pronuncia non tiene conto delle difficoltà che comporta: sarebbe necessario conoscere la provenienza del nome del botanico, conoscere la sua lingua madre e la pronuncia esatta di quel nome nella sua lingua. Possiamo riuscirci finchè si tratta di nomi spagnoli, inglesi, forse francesi e tedeschi, per alcuni anche portoghesi, se hanno conoscenza di queste lingue. Ma nella maggior parte dei casi non siamo in grado di conoscere la pronuncia corretta di nomi propri russi, giapponesi, neozelandesi, turchi e nel mondo della botanica aumentano i contributi da ogni parte del mondo. Crediamo sia quindi più semplice e che aiuti la comprensione in ogni parte del mondo ricondurre la pronuncia a quella latina.

Il nome della Houttuynia cordata 'Plena' deriva da quello del naturalista e botanico olandese Maarten Houttuyn (1720-1798): la pronuncia dell'olandese non è la più semplice da riprodurre e siamo sicuri che alcuni di voi sapranno leggere il nome proprio del botanico nel modo migliore, ma nel tempo abbiamo sentito chiamare questa pianta in molti modi: uttùnia, attùnia, auttuìnia,hauttùnia. Ovviamente si capisce di quale pianta stiamo parlando, ma identificare un metodo permette di poter dire in modo univoco che per noi la pronuncia, secondo le linee guida che abbiamo spiegato fino ad ora, è Uttuìnia, leggendo alla latina e accentando di terzultima, perchè come dicevamo non possiamo accentare in latino oltre la terzultima sillaba (e il nome del botanico suona in olandese Hàutthan, con -h- aspirate anche se è veramente difficile riportare la pronuncia olandese!).

Alcuni nomi di piante non hanno la forma delle parole latine e riportano ancora la terminazione greca. Sono termini ripresi dalla lingua greca e trascritti in caratteri latini. Ne è un esempio Penstemon: l'epiteto generico deriva dal greco πέντε pénte cinque e da στήμων stémon stame in riferimento ai fiori a cinque stami, di cui uno sterile e quattro fertili. In questi casi si intuisce che la parola non è latina dalla terminazione in -on, tipica del greco. Per l'accentazione procediamo riflettendo sulla probabile (ci teniamo a sottolinearlo) lunghezza delle vocali, dovendo stabilire se la penultima -e- sia lunga o breve. Nel termine greco da cui ha origine la -e- corrisponde a ή (la -e- lunga in greco) e quindi consideriamo che nella trascrizione in caratteri latini la vocale mantenga la sua lunghezza. Come abbiamo detto precedentemente se la penultima sillaba contiene una vocale lunga è li che cade l'accento e quindi accentiamo Penstèmon ( a conferma in greco moderno è Ο Πενστήμων ò penstèmon).

PRONUNCIA

La pronuncia dei nomi botanici è un altro pomo della discordia!

Per capire i motivi di certe discussioni(pacifiche eh!) tra appassionati partiamo da una considerazione: la pronuncia del latino che si studia a scuola o che si sente in alcune liturgie è considerata 'pronuncia moderna' e arriva ai giorni nostri attraverso l'Alto Medioevo e il latino ecclesiastico, che l'ha formalizzata utilizzando il latino per le celebrazioni e per le scritture. Nonostante non ci siano documenti audio (abbastanza chiaro il motivo) i puristi della lingua sostengono che nell'antica Roma la pronuncia si differenziava da quella medievale e promuovono una pronuncia 'aurea' o 'restaurata'. Questo tipo di pronuncia del latino viene insegnata nella maggior parte delle scuole europee e in Inghilterra è adottata per la lettura dei testi classici e dei testi di botanica. In Italia si è preferito mantenere la prouncia ecclesiastica perchè più vicina all'italiano e perchè è arrivata fino a noi tramite la mediazione della Chiesa, che tuttora ne fa uso.

Riassumendo, i punti fondamentali sono:

-ti- pronunciato -zi- (latino ecclesiastico) o -ti- (latino classico/restaurato)

-ph- pronunciato -f- (latino ecclesiastico) o -p- (latino classico/restaurato)

-ae- pronunciato -e- (latino ecclesiastico) o -ae- (latino classico/restaurato)

-y- pronunciata -i- (latino ecclesiastico) o -iu- (latino classico/restaurato)

ce, ci pronunciati ce, ci (latino ecclesiastico) o ke, ki (latino classico/restaurato)

ge, gi pronunciati ge, gi (latino ecclesiastico) o ghe, ghi (latino classico/restaurato)

-gn- pronunciato -gn- (latino ecclesiastico) o -ghn- (latino classico/restaurato)

v pronunciata v (latino ecclesiastico) o -u- (latino classico/restaurato)

Un esempio è Astrantia major, pronunciata da alcuni astrantia, così come è scritto. Adottando la pronuncia ecclesiastica, preferiamo dire astrànzia. Alla base della nostra scelta vi è anche una logica di semplificazione: al tempo dei Romani probabilmente era di uso comune una pronuncia diversa da quella che adottiamo oggi, ma sicuramente avevano più dimestichezza di noi nel parlare la loro lingua. Pronunciare in latino restaurato parole come Symphyotrichum novae-angliae diventa molto complicato e incomprensibile ai più, mentre l'obiettivo della diffusione è quello di far avvicinare al mondo della botanica e far appassionare allo studio della nomenclatura e delle piante quante più persone possibile.

Noi leggiamo Simfiotrìcum nòve-ànglie, vi lasciamo con questo gioco: provare a leggerlo in latino restaurato!

Siumphiuotrìcum nòuae-àngliae

( probabilmente non siamo stati in grado nemmeno di scriverlo bene!)

Sul nostro e-commerce ogni scheda tecnica riporta etimologia, accentazione e pronuncia. Potete avere un riscontro pratico di quanto letto fino ad ora nel nostro articolo curiosando tra le schede tecniche!

Se avete domande, o se rilevate dei madornali errori qui o sul sito scriveteci! Non abbiamo risposte, ma tante domande che ci poniamo di continuo... ce le porremo insieme!

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